La particolarità della tecnica raku consiste nella seconda cottura, che avviene in un particolare forno a temperature che si aggirano tra i 900 e i 1.000 gradi centigradi.
Dopo circa tre ore di cottura, quando il pezzo è ancora incandescente, si procede all’estrazione con lunghe pinze di ferro e depositato subito in un contenitore pieno di materiale facilmente combustibile (dai trucioli di legno, ai fogli di giornale, alla segatura). Il contatto di questi materiali con la ceramica incandescente provoca l’accensione di una fiamma che brucia tutto il combustibile presente nel contenitore.
Subito dopo questo procedimento, si immerge l’oggetto nell’acqua e lo si pulisce per eliminare i segni della combustione appena avvenuta.
Questa tecnica provoca trasformazioni chimiche e fisiche dell’oggetto. Innanzitutto una grossa riduzione del volume dell’oggetto, che può essere parziale o totale, dovuta all’eliminazione delle particelle di aria al suo interno (grazie alla combustione avvenuta nel processo precedente). Il tipo di riduzione ottenuta si può intuire dal colore dell’argilla (ovviamente prima di essere smaltata): la ceramica nera è dovuta a una riduzione totale, mentre, a seconda della quantità di ossigeno rimasta, il colore varierà sulla scala dei grigi.